PROCESSIONE DEI MISTERI

Il legame con le tradizioni della Settimana Santa è vivo in me fin da bambino, quando mio nonno mi portava con sé a preparare le statue dei Misteri a Carosino, il piccolo paese in cui vivo, in provincia di Taranto. Quelle giornate trascorse in chiesa con lui mi offrivano la possibilità di osservare momenti di devozione antica, autentica, appartenente a un tempo che già allora mi appariva lontano e quasi magico. Nonostante la mia giovane età, ne rimanevo affascinato, anche se non riuscivo a comprenderne appieno il significato.

Mio nonno amava sperimentare e creare oggetti particolari. Uno dei ricordi più vividi che conservo di lui è quello di un vecchio televisore a tubo catodico che svuotò e trasformò in un insolito presepe della Via Crucis: una volta acceso, all’interno ruotavano statuette in ceramica della Processione dei Misteri di Taranto, dando vita a una rappresentazione in movimento della Passione di Cristo.

Questa processione, che affonda le sue radici nel XVII secolo grazie alla Confraternita del Carmine, è uno degli eventi più solenni e sentiti della città. I confratelli, vestiti con il tradizionale saio bianco e il cappuccio che ne cela il volto, avanzano con un passo lento e oscillante, la cosiddetta “nazzicata”, seguendo il ritmo cadenzato della “troccola”.

Nel corso degli anni ho avuto modo di assistere più volte a questa suggestiva processione. Da bambino, insieme a mio fratello, ci svegliavamo nel cuore della notte chiedendo ai nostri genitori di portarci a vedere i “perdoni”, le statue della Passione e il Troccolante, figura emblematica che con il suono della sua “troccola” segna l’incedere del corteo.

Quella processione era per noi un rito atteso con fervore, forse persino più del Natale. Nei giorni precedenti ci preparavamo con la mazza e la “troccola”, esercitandoci nella “nazzicata” seguendo il ritmo cadenzato delle marce funebri, sognando un giorno di poter essere parte di quel corteo solenne. Per noi era un gioco, più che un atto di fede, ma vivevamo quei giorni con stupore e trepidazione.

Ancora oggi questa tradizione rimane parte di me, e ogni anno ritorno a vedere la processione. Ho avuto l’opportunità di viverla anche dall’interno, percorrendo tutto il tragitto che dura circa sedici ore e osservando da vicino i momenti di intensa devozione e fede, spesso in contrasto con il folklore che accompagna sia chi partecipa attivamente sia chi assiste da spettatore.

Questa processione è un’espressione profonda di identità culturale, un rito che attraversa il tempo e unisce generazioni, mantenendo viva una tradizione che continua a emozionare e coinvolgere chiunque vi prenda parte, da dentro o da fuori.